Forse il primo gioco da tavoliere della Storia che ricorda almeno in parte gli scacchi è la Petteia che fu in voga fra gli antichi Greci. Ne esisteva pure una versione con i dadi, la Kubeia (KußELa).
Le prime testimonianze di questi due giochi si hanno in alcune anfore e vasi della seconda metà del VI secolo a.C. che ritraggono una partita fra Achille e Aiace, con talvolta presente anche la dea Atena che cerca di interromperli, esortandoli a scendere sul campo di battaglia.
La scena è ambientata durante la guerra di Troia (XII – XI secolo a.C.) indizio di un’origine ancor più arcaica del gioco.
Della Petteia e della Kubeia non si hanno però notizie precise sulle regole, pertanto potrebbe essere stata più vicina alla dama o al moderno Othello che agli scacchi.
Della Petteia esistono riferimenti sia letterari che artistici. Lo stesso Omero nel Libro I del celeberrimo poema Odissea ne accenna:
οἱ μὲν ἔπειτα πεσσοῖσι προπάροιθε θυράων θυμὸν ἔτερπον ἥμενοι ἐν ῥινοῖσι βοῶν, οὓς ἔκτανον αὐτοί
(traslitterazione: oi mén épeita pessoísi propároithe thyráon thymón éterpon ímenoi en rinoísi voón, oús éktanon aftoí)
traducibile con “Essi si stavano trastullando con le pedine [di un gioco] davanti alle porte, seduti sulle pelli dei buoi che loro stessi avevano scannato”.
Se la presenza di giochi antichi è facile da riscontrare, più difficile è invece ricostruirne le regole originali e ciò vale anche per la Petteia perché nessun autore antico le ha mai tramandate in maniera dettagliata nei suoi scritti. Qualche informazione può essere però dedotta da alcuni frammenti letterari:
- il filosofo greco Platone (428 – 348 a.C.) nella sua opera Politeia (“La Repubblica”) paragona le vittime delle arringhe di Socrate (470-399 a.C.), filoso suo predecessore, a dei “cattivi giocatori di Petteia, che alla fine sono stati messi in un angolo e incapaci di muoversi, battuti da un avversario più intelligente”. Esisteva, dunque, una regola che se un giocatore non poteva più compiere mosse allora aveva perso la partita;
- lo scienziato e filosofo greco Aristotele (384 – 322 a.C.) scrisse in un suo celebre aforisma che “un cittadino senza uno Stato è come un pezzo isolato della Petteia”. Si deduce che nel gioco i pezzi isolati erano considerati deboli;
- lo storico greco Polibio (206 – 124 a.C.) nella sua opera Historiai (“Le Storie”), parlando del condottiero romano Publio Cornelio Scipione (236 – 183 a.C.), disse che “egli distrusse molti nemici senza una battaglia ma isolandoli e bloccandoli, come un intelligente giocatore di Petteia”. È un’altra prova che nel gioco era utile bloccare i pezzi avversari e che quelli isolati erano sicuramente più deboli degli altri.
Sulla base delle informazioni elencate sopra, sono state proposte varie ricostruzioni storiche delle regole della Petteia. Quel che è certo è che il gioco originale non contemplava l’uso dei dadi: lo scrittore e filosofo greco Plutarco (46 – 127 d.C.), pur citando il fatto che sia Giulio Cesare (100 – 44 a.C.) che Marco Antonio (83 – 30 a.C.) fossero stati grandi appassionati di giochi d’azzardo, deprecò tali attività ludiche e consigliò ai suoi lettori di rivolgere semmai le attenzioni ad un gioco meno pericoloso e più d’ingegno quale la Petteia che, pertanto, doveva essere un gioco di pura strategia e non di fortuna con i dadi.
Sfortunatamente non ci sono pervenute informazioni precise neppure sull’esatta geometria della scacchiera della Petteia.
Tutto ciò è stato specificato per evidenziare il fatto che qualunque pretesa di ricostruire con precisione le regole della Petteia (ma anche di altri giochi dell’epoca) è in buona parte priva di solide fondamenta e che perciò si può solo speculare, con un grado più o meno alto di plausibilità, su come questo gioco da tavoliere in origine fosse davvero stato.