di Friedrich Moritz August Retzsch (9 dicembre 1779 – 11 giugno 1857)

Mefistofele, giocando a scacchi, ha ridotto allo stremo il povero Faust: alla prossima mossa darà scacco matto, come appare nel dipinto di Friedrich Moritz August Retzsch.
Si vede sulla scacchiera un re nero che ha un certa somiglianza col diavolo, che spinge i suoi terribili sgherri, i vizi, contro le tremebonde figurine che rappresentano le residue virtù del giocatore umano. Tra i diavoli ce n’è uno che calpesta la Croce, a indicare che vuole distruggere la cristianità, e altri che avanzano con un braccio alzato e l’altro dietro la schiena (per nascondere un pugnale, simbolo della menzogna e del tradimento). L’angelo osserva mestamente ma non può fare niente per salvare l’uomo.
Il povero Faust sembra irrimediabilmente perduto, ma non è di questo parere il vescovo Kenneth Ulmer. Nel corso di un sermone, raccontò che un famoso giocatore di scacchi, vedendo il quadro e analizzando la posizione dei pezzi aveva esclamato: “Non tutto è perduto! Il re ha ancora una mossa, per sottrarsi allo scacco matto”
Questa allegoria scacchistica serviva per annunciare al suo uditorio che anche l’uomo più disperato, che ha esaurito senza esito tutte le sue risorse, che si dibatte vanamente nelle tenaglie del vizio, e che ormai vede l’abisso spalancarsi sotto i suoi piedi, può essere ancora salvato.
Negli scacchi queste cose non accadono quasi mai: nella reale pratica degli scacchi le cause della vittoria o della sconfitta sono tutte terrene, leggibili e riconoscibili. Uno degli elementi che concorrono a rendere efficace il gioco è l’uso sapiente che si dovrebbe fare dei pedoni.