a cura di Antonella Prudente

CHI E’ CRISTINA TOMADA?

Salve a tutti i lettori della pagina web del Circolo Scacchistico Irpino di Montella. Sono Cristina Tomada, arbitro regionale campano, un percorso iniziato tre anni fa. Accompagnando mio figlio ai vari tornei di scacchi, mi sono appassionata anche io, proprio al settore arbitrale. Mi hanno incuriosita i regolamenti e tutto quello che ne concerne. E quindi ho deciso di frequentare il corso. Per diventare arbitri c’è un corso teorico e pratico da fare, un esame scritto e orale. Poi ho iniziato a fare vari tornei dei livelli più bassi fino alla serie master finali nazionali finali squadre under 18 in pratica un po’ di tutto, mi manca solo la finale nazionale degli scolastici, che farò quest’anno.

Cristina mamma, Cristina arbitro e immagino casalinga?

Anche figlia, perché in sala ho il collega, che è mio padre, anche lui arbitro Luigi Tomada.

C’è dell’altro?

No. Per ora mi sto dedicando a questo: fare l’arbitro. Mi prende e mi impegna tanto, soprattutto in alcuni mesi come marzo e aprile, in cui ci sono i giovanili, ci sono i cis di reali raggruppa 20 cis gli scolastici . Sono capace di parlare soprattutto ai ragazzi, ho un ottimo rapporto con loro, vengo richiesta proprio per i giovanili e per gli scolastici, riesco a gestire anche da sola parecchi bambini, parecchi ragazzini.

Perché hai voluto essere proprio arbitro?

Diciamo che ha inciso molto nella scelta la presenza di mio padre, abbiamo fatto il concorso
insieme, sostenendoci a vicenda. Poi diciamo che c’è un contesto familiare: tre generazioni in un’unica
sala a volte!

Il tuo carattere forte ti ha facilitato i compiti, ma per una donna quanto è difficile essere arbitro?

Bella questa! E’ difficile. In Campania siamo soltanto sette donne con titolo, diciamo che come arbitro campano sono donna e l’unica che arbitra molto frequentemente, rispetto ai 30 arbitri attivi. La passione permette di superare ogni ostacolo. La passione mi spinge tantissimo a superare situazioni che non mi piacciono e che sono presenti in questo ambiente, anche di scorrettezza… Anche se può sembrare un ambiente di elite. ci sono sempre i furbi della situazione e io, che sono molto rigida, pretendo il massimo della trasparenza. Allo stesso tempo sono anche l’arbitro che, a differenza di tanti colleghi e colleghe, attraverso il corridoio, attraverso le scacchiere sorridendo ai agli scacchisti, perché da mamma, l’ho sempre fatto con mio figlio, capendo non capendo, a prescindere dal risultato, a prescindere da quello che stava succedendo sulla scacchiera. Quindi cerco di trasmettere serenità e calma in un momento di tensione o di crisi, provo a trasmettere quel poco di serenità che altrimenti non avrebbero. Vedo un bicchiere vuoto, il gesto del giocatore che vuole bere e si accorge di non avere l’acqua e non ha il tempo per alzarsi, io gli vado a riempire il bicchiere, sento il colpo di tosse gli porto la caramella a menta… cerco da mamma di creare il clima più tranquillo possibile, più adeguato per far sì che i giocatori si esprimano al meglio nella gara. Ma sono anche quella che in sala urla e litiga quando vede che vengono fatte delle scorrettezze, non si seguono tutti gli articoli dei regolamenti, che sono in continua evoluzione e che io spiego e sottolineo ogni volta. Capita infatti spesso che gli atleti commettano errori perché disinformati. Nei nostri regolamenti le modifiche sono frequenti. A volte anche noi arbitri non ci rendiamo conto e siamo costretti ad andare a vedere di continuo l’ultimissima comunicazione, l’ultimissimo aggiornamento. Dobbiamo aggiornarci e aggiornare chi sta giocando.

Hai parlato di difficoltà che comunque sei riuscita a superare. Hai dovuto affrontare situazioni particolari e di che genere?

All’inizio, quando ti vedono donna, subito ti sottovalutano. Mi sono capitate esperienze di aggressività al primo impatto appunto, perché non mi conoscevano caratterialmente. Ci sono stati atteggiamenti di una certa arroganza nei miei confronti, che, purtroppo, ho dovuto denunciare al Coni e alla Federazione
e la conseguenza è stata la sospensione di questo giocatore per diversi mesi. Sono stata minacciata, ha inveito contro di me, con parolacce pretendeva che io chiudessi gli occhi sul suo comportamento irriverente nei confronti degli avversari, dei ragazzi che c’erano, dei minorenni in sala. E’ stato un atteggiamento diseducativo da parte di un giocatore che pretendeva di avere la meglio su di me donna, minuta, delicata. Mi sono capitati, nel corso della mia carriera, un paio di casi. Fortunatamente non succede spesso! Credo che in un ambiente come quello degli scacchi, dove bene o male alla fine frequentando sempre lo stesso contesto, arriviamo a conoscerci tutti. Quando si rendono conto di come sono fatta, qualcuno ha paura, qualcuno confessa di avere addirittura timore. In tanti mi chiamano proprio perché hanno fiducia, perché sono tranquilli, nel senso che apprezzano la mia serietà e il mio rigore: sanno che io a prescindere prendo la decisione da regolamento.

Quanto incide, secondo te Cristina, il fatto che non ci sia un vero modello da emulare al femminile, come per il maschile?

Nella mentalità generale lo scacchista è al maschile. In provincia di Avellino abbiamo Ludovica De Benedittis, a livello regionale Mariagrazia De Rosa, che io chiamo la Divina, modelli da seguire. A livello campano, siamo fortunati. Purtroppo si fa ancora differenza. Ad esempio negli scolastici ci sono le categorie maschili miste in cui quindi possono rientrare i maschietti e le femminucce e poi c’era solo la categoria femminile della stessa per esempio under 10 ci sono femminili e poi c’è 10 maschile misto e io già questa differenza perché devono essere differenziate deve essere mista basta perché tu già facendo una categoria a parte vuol dire che per perché sono inferiori non lo sai Io che non guardo in faccia a nessuno, posso dire che nel gioco al femminile e nel gioco al maschile non c’è nessuna differenza.

Grazie Cristina, per la tua testimonianza, sei davvero una bella persona.